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Millwall

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Millwall. Una parola, un suono unico, un nome che riempie la bocca, che ha un fascino tutto suo, che indica una piccola zona di Londra totalmente trasformata negli anni, che, quando riferita al calcio, incute timore.
Società nata nel 1885 come Millwall Rovers, ha mantenuto nel nome la zona di nascita nella Isle of Dogs, sebbene dal 1910 la squadra abbia giocato prima a New Cross e poi a Bermondsey.
Sul campo poche gioie, due sole le stagioni passate nella massima divisione inglese, fuori dipende dai punti di vista.
La fama dei tifosi del Millwall è nota a tutti. È quasi un paradosso che una canzone melensa come “(We Are) Sayling” di Rod Stewart(*) possa essere stata riadattata con tanto successo in un coro da stadio, “No one likes us, we don’t care”, e diventare segno distintivo di una tifosera cosi’ particolare. Una volta tanto, la fama e’ anche meritata, guadagnata sul campo, in tutti i sensi. Da sempre essere tifoso in trasferta al The Den non e’ un’esperienza piacevole. Le cronache di incidenti che hanno coinvolto sostenitori del Millwall vanno indietro fino ad inizio secolo. Verso fine anni 70, quando i media cominciarono ad occuparsi del problema teppismo rendendosi conto che era un argomento che tirava, i nomi delle varie “firms”(**) cominciarono ad essere noti a tutti. La BBC, in un documentario girato al vecchio The Den, molto piu’ minaccioso di quello attuale, da una parte aggiunse una connotazione politica al problema, da allora lo stigma del razzismo e del fascismo non ha mai abbandonato questa tifoseria, dall’altra non fece che consacrare in tutto il Regno Unito quanto finora letto o sentito dire a proposito dei supporter dei Lions.

 Scritta Il loro biglietto da visita

Negli anni del boom degli hooligans,  i loro incidenti al Kenilworth Road di Luton portarono il governo a pensare di introdurre barriere di protezione con filo spinato e corrente elettrica, tipo campi di concentramento, e una specie di strumento simile all’attuale TdT in Italia. Il Luton Town per qualche anno non ammise tifosi ospiti. Era il 1985, poco dopo ci fu l’incendio del Valley Parade a Bradford poi l’Heysel.  I club inglesi furono banditi dall’Europa, poi quando si pensava di poter tornare ad una situazione normale fu la volta della tragedia di Hillsborough nel 1989. Il calcio inglese cambio’ per sempre, i tifosi del Millwall rimasero gli stessi. Nel 2002 gli incidenti in seguito alla gara di play off contro il Birmingham City furono di dimensioni eccezionali ma questa volta portarono a delle misure eccezionali che di fatto svuotarono lo stadio di South Bermondsey (Membership Scheme).

Luton - Millwall 1985 VS Birmingham City 2002

Negli anni anche la letteratura e il cinema hanno contribuito ad esportare questa fama di tifoseria violenta nel mondo. Anche chi non era necessariamente appassionato di calcio, o di calcio inglese, cominciava a prendere nota e a ricordarsi questo nome. Come nei film sulla seconda guerra mondiale i cattivi erano sempre i tedeschi, nei vari The Football Factory, Green Street ecc, sono sempre i discendenti dei dockers ad interpretare la parte dei “malvagi”.
E, come sempre avviene in questi casi, a tanta fama corrisponde un certo fascino, perverso che sia, e mentre il Millwall in Inghilterra continua ad essere tifato da persone in qualche modo connesse con quella zona di Londra, che siano ancora residenti o che si siano spostate da altre parti, in tutta Europa, e oltre, in molti hanno deciso invece di adottare i Lions come seconda squadra. Non e’ raro vedere stranieri recarsi alle partite in casa de Millwall e, quelli che riescono ad instaurare rapporti con i fan locali, magari sperimentare anche il brivido della trasferta. In troppi pero’ sono coloro che si riempiono la bocca di quel suono pieno di “L” per darsi un tono, per apparire duri (come le altre migliaia che affermano di essere malati del West Ham o del Chelsea ecc) di fatto diluendo quelli che sono i veri valori di questa squadra e tifoseria.

vecchio The Den The Tunnel that led into Cold Blow Lane at the Old Den Nuovo The Den italian Crew

Per la prima volta, lo scorso anno (2010), è stato pubblicato un libro che entra nell’anima del Millwall. Il titolo fa già capire l’angolo dal quale e’ stato scritto. “Family: life, death and football”, vediamo se qualcuno in Italia si degnerà’ di tradurlo. L’autore, Michael Calvin, segue la squadra di Kenny Jackett fino alla promozione nei play off del 2010. Le pagine sono piene di aneddoti, di interviste con giocatori, dirigenti e tifosi, di storie passate, di storie tristi, di storie commoventi, di storie belle. Non ci sono preconcetti, non ci sono pregiudizi, si cerca di capire il Millwall per quello che e’ e che rappresenta, con i suoi problemi e con i suoi valori. Una squadra incastrata in mezzo ad una Londra sempre piu’ multirazziale, che conta su quelle poche decine di migliaia di tifosi, mai incontrato un inglese che tifa Millwall se non proveniente, lui o la sua famiglia, da quella zona, che si tramandano la propria fedeltà a quei colori di padre in figlio. Forse da nessuna parte in UK come in questo angolo della capitale inglese i giocatori sanno che devono dare il 110% per essere accettati. Nessun comportamento da divo, nessuna polemica che danneggi la squadra, nessun atteggiamento di sfida nei confronti dei tifosi, nessun contrasto evitato in campo. Totale devozione alla causa e rispetto per chi spende i suoi 20 pound, non pochi da queste parti, per venire a sostenere la formazione locale. Nel libro i calciatori ne parlano, sanno cosa li aspetta, qualcuno ne risente, gli insulti
dei propri tifosi fanno male, molto più male di quelli avversari, qualcuno reagisce e vince, altri non ce la fanno e lasciano. E’ un ambiente duro, chiuso, come quello in cui il Millwall è nato e cresciuto ma è un ambiente per uomini con principi saldi e sempre pronti a dare una mano a un membro della “famiglia”.
Che il simbolo di questa squadra sia stato, fino al campionato appena concluso (2011), Neil Harris la dice lunga: la sua esplosione con i Dockers, poi l’avventura con una squadra più grande, poi il ritorno, il cancro, la sua vittoria più grande, il prendere la vita giorno per giorno, il lottare per un contratto ogni stagione, il provare che non era finito, che era un uomo prima del giocatore, che era uno della famiglia, che era uno da Millwall.
E’ sbagliato, e riduttivo, identificare questo club con gli incidenti che spesso hanno visto protagonisti i suoi tifosi. Il fascino non e’ , o dovrebbe essere, quello della violenza ma quello della resistenza di una realtà cosi’ chiusa e locale, di una famiglia forte ed orgogliosa, in un calcio sempre più globalizzato e sbiadito.

di Stefano Faccendini

Il Libro curvasrb Ferencvaros - Millwall 04/05 Old The Den

Note:

* Sailing, di Rod Stewart,del 1975 è una cover dei Southerland Brothers di tre anni prima. Inno:

No one likes us, no one likes us
No one likes us, we don’t care!

We are Millwall, super Millwall
We are Millwall from the Den!

** Le firms più famose sono state la F-troop e successivamente i Bushwakers (nome di un reparto di militare della guerra civile americana, noto per le imboscate ai nemici)

nota di colore: Il Millwall brick è stata un arma molto in voga negli '70 ’80 in particolare in quel di Millwall, consiste in uno o più giornali arrotolati e pressati fino a diventare molto duri, al pari di un bastone o un tubo. Divenne famosa grazie alla sua reperibilità e alla sua "legalità" in quanto era possibile portare giornali all'interno degli stadi senza destare sospetti ed oltrepassare senza problemi le perquisizioni all'ingresso, eseguite proprio per impedire l'accesso allo stadio di materiale contundente. E' diventato talmente famoso che è stato rappresentato da Weekend Offender su una T-shirt.

Millwall Brick Weekend Offender T-shirt Russia campionato mondiale di calcio 2018

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