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SCOZIA vs INGHILTERRA

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Se c’è un match che va ben al di là dell’ambito sportivo in questo Europeo itinerante e posticipato causa pandemia, è quello in programma a Wembley la sera del 18 giugno: Inghilterra contro Scozia. Gli inglesi si gonfiano il petto per aver finalmente portato a compimento la brexit, ma allo stesso tempo sono consapevoli del rischio fin troppo concreto di una imminente dissoluzione del Regno Unito, che proprio gli avversari scozzesi vorrebbero lasciare al più presto possibile per rientrare nell’Unione europea. Non a caso a nord del Vallo di Adriano oltre il 60 per cento aveva appoggiato il fronte del remain nel 2016. L’appena confermato primo ministro scozzese, la nazionalista Nicola Sturgeon, preme per un nuovo referendum per l’indipendenza, dopo quello andato male nel 2014 (il 55 per cento dei votanti si espresse per il no), mentre Boris Johnson di un’altra consultazione popolare non ne vuole sentir parlare. Questione di tempo, ritengono molti osservatori, convinti che ormai la disgregazione del Regno Unito sia un processo irreversibile, se è vero come raccontano gli ultimi sondaggi che tra le nuove generazioni scozzesi circa il 70 per cento voglia abbandonare la regina. Ma al netto delle connotazioni politiche a tinte forti, la sfida tra gli auld enemies (i vecchi nemici, come li definì Ben Johnson) rimane la madre di tutte le partite a livello di football globale. Non foss’altro perché è stata la prima partita tra squadre nazionali mai giocata nella storia, addirittura nel 1872. In 4mila accorsero all’Hamilton Crescent di Glasgow per un salomonico 0-0. Ce ne erano molti di più, addirittura 149.547, all’Hampden Park di Glasgow nel 1937 per quello che rimane l’incontro di calcio con la più alta affluenza di pubblico mai registrata in Europa. Le due squadre sembrano la trasposizione moderna dei due eserciti che si sono fronteggiati per secoli nell’isola britannica: uno inferiore per numero e mezzi contro l'altro potente e ben equipaggiato, che infatti trionfava spesso e volentieri. Nel calcio non è sempre stato così, anzi. Nel bilancio dei 114 incontri giocati i bianchi conducono sui blu solo 48 a 41. Merito dell’arguzia tattica scozzese, che sin dalla notte dei tempi pallonari, come narrato nella serie Netflix The English Game, ha puntato su un gioco ragionato e palla a terra, a fronte dell’approccio molto fisico e irruento dei fedeli di San Giorgio. In realtà ad accumunare due squadre che si guarderanno sempre in cagnesco è la tendenza al fallimento, che per gli inglesi spesso coincide con un’eliminazione ai quarti di finale dei vari tornei giocati, “preferibilmente” ai rigori, con l’eccezione di Italia 90 e dell’Europeo in terra d’Albione nel 1996, quando uscirono in semifinale e contro l’altro eterno nemico, la Germania. Per la Scozia invece il topos è un’inopinata eliminazione al primo turno, casomai per differenza reti, incamerando figuracce barbine (un terribile 1-1 con l’Iran, tanto per gradire) o vittorie insperate quanto inutili, come il 3-2 all’Olanda nei mondiali argentini, quello del goal alla Maradona di Archie Gemmill, immortalato anche in Trainspotting.  

Quasi pleonastico sottolineare che di partite leggendarie ce ne sono state a iosa, sebbene negli ultimi tre decenni le due rivali si siano fronteggiate solo sette volte. Colpa della violenza degli hooligan alla fine degli anni Ottanta, che spinse le autorità a evitare la disputa di una delle partite considerate più “calde” nel panorama calcistico mondiale.

Riavvolgendo a ritroso il nastro della storia e iniziando dal fronte scozzese, “Immortali” sono diventati i Maghi di Wembley, l’undici che umiliò per 5-1 l’Inghilterra a domicilio nel 1928, mentre “campioni del mondo” per proprietà transitiva furono proclamati quelli guidati dal sublime Denis Law che nel 1967 sconfissero sempre a Wembley Bobby Moore e compagni, allora detentori della Coppa Jules Rimet. Ma epocale è anche il 2-1 firmato Gordon McQueen e Kenny Dalglish conquistato a Londra nel giugno del 1977. Un match ricordato soprattutto per la massiccia invasione di campo al fischio finale. Tanto per gradire, una Tartan Army ebbra di gioia si portò a casa decine di zolle del sacro prato di Wembley e vari pezzi delle porte – quelle con le reti 
profonde e tiratissime che tutti gli appassionati di calcio over 40 non possono non ricordare. Il 1977 era l’anno del Giubileo d’Argento della Regina Elisabetta e senza dubbio i suoi sudditi scozzesi vollero farle gli auguri a modo loro, un po’ come fecero i Sex Pistols con il loro inno punk God Save the Queen…
  

Per gli inglesi spicca il clamoroso 9-3 del 1961, con goal iniziale del compianto ex commissario tecnico dell’Inghilterra Bobby Robson e tripletta di Jimmy Greaves (che qualche settimana dopo sarebbe passato al Milan), che coincise con la seconda e ultima presenza in nazionale del malcapitato portiere del Celtic Frank Haffey. Poi, visto che parliamo di Campionati Europei, impossibile non citare il precedente del 1996. Lo scenario ancora il vecchio Wembley e vittoria con un classico 2-0 dei Tre Leoni guidati dal grande centravanti Alan Shearer e da quel pazzerellone di Paul “Gazza” Gascoigne, capace di segnare il gol più bello della competizione, con tanto di “sombrero” sul malcapitato difensore avversario Colin Hendry. Beffa atroce per la Tartan Army discesa in massa a Londra, fu l’errore dal dischetto del capitano Gary McAllister sull’1-0.

Sulla carta anche il prossimo episodio di questo romanzo infinito dovrebbe terminare con una vittoria degli inglesi, tra i favoriti di Euro 2020. La rosa è di sicuro spessore, guidata dal capocannoniere dell’ultima edizione dei mondiali Harry Kane e infarcita dei giovani talenti Rashford, Foden, Bellingham e Mount. La Scozia ha vissuto una lunghissima fase di involuzione calcistica, tanto che è alla prima competizione internazionale dai Campionati del Mondo del 1998. Ma è risaputo che nei derby, come può essere catalogato anche Inghilterra contro Scozia, le sorprese sono sempre dietro l’angolo. (di Luca Manes)

 note: "scusi chi ha fatto palo?" è stata una t-shirt di Pharabouth.

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