Recent articles

JOHN KING - L'intervista

by
Love0

titolo

Quando hai iniziato a pensare di scrivere libri sui suppoters/hooligans e perché?

Per anni, prima di cominciare a scrivere "The football factory" ho avuto in testa l'idea che i tifosi erano sempre stati descritti e/o rappresentati in maniera errata, distorta a tal punto che la gente normale aveva di loro una opinione ovviamente sbagliata. Mi dava fastidio e mi annoiava l'ipocrisia generale, pensavo fosse ridicolo che i politici potessero mandare ragazzi in guerra a uccidere migliaia di persone per poi decorarli e, allo stesso tempo, se quegli stessi ragazzi si prendevano a pugni fuori un pub, venivano spediti in prigione. Quando ho cominciato a scrivere, avevo bene in testa "1984" di George Orwell e il potere che ha la gente se solo si unisce per qualcosa. Ecco perché l'intera Trilogia si sviluppa partendo da "The football factory" passando per "Headhunters" per arrivare a "England away" dove tutte le varie mob si uniscono per affrontare il viaggio in Germania. Quello che per me, da giovane, era una guerra tra gang appassionante con annessi e connessi, crescendo e vedendolo con occhi adulti, è diventato un grande gioco più che un mondo di rabbia e odio. L'hooliganismo degli anni 60/70/80 prendeva spunto dall'esperienza delle generazioni precedenti. La seconda guerra mondiale era ancora vivissima nella memoria della gente, civili o militari che fossero all'epoca; a 15 anni, il mio pensiero era solo di stare al pub la domenica pomeriggio con mio padre e i suoi amici, gente che aveva combattuto a Dunquerque, in Normandia, Arnhem o bombardato la Germania dove erano magari stati abbattuti e presi prigionieri. Non raccontavano quello che loro avevano vissuto, noi tutti sapevamo quello che avevano passato. Eravamo così orgogliosi di essere Inglesi, così orgogliosi di questa gente che aveva combattuto per noi ed aveva evitato che l'Europa crollasse. La tv trasmetteva ore di film di guerra. Guerra e football, ecco cosa avevamo. E noi, sulle terraces, negli stadi volevamo emulare i nostri vecchi. Ecco perché la figura di Bill Farrell è così essenziale e presente in "The football factory".

Dopo l’uscita di “The football facotory” si è sviluppata una vera e propria letteratura hooligans. Tra tutti quelli usciti quali sono quelli che ti hanno colpito di più?

La maggior parte dei libri che hanno seguito "The football factory" non sono romanzi. I miei favoriti sono i primi usciti, come "Hoolifan" di Martin King e Martin Knight oppure "Guvnors" di Mickey Francis. Il primo analizza il tutto con occhio londinese, il secondo invece ha la visuale dell'Inghilterra del nord.

"The football factory" è stato anche un bel film, c'è stata la tua supervisione? se si quali sono stati i problemi? come giudichi il lavoro finale?

Ho partecipato alla stesura iniziale della sceneggiatura, ma poi un film cresce da solo ed è compito del regista farlo diventare film, quindi il mio apporto è finito lì. Credo che non ricalchi pienamente i libri, ma se pensi a tutti i problemi che possono capitare lavorando a un film sull'hooliganismo con tutte le sue sfaccettature, beh... alla fine sono molto soddisfatto! Il lato "politico" è stato un po' sfumato, ma comunque è piacevole ed autentico. Questo anche grazie agli attori, la loro spontaneità ha fatto la differenza.

Nei tuoi libri ci sono personaggi e fatti incredibili? quanti di questi sono stati ispirati dalla vita reale?

Credo che ogni scrittore usi la sua vita come fonte d'ispirazione per i suoi libri, specie se scrive storie realistiche. Le proprie idee, le persone che ha incontrato, i posti che ha frequentato.. Questi elementi della mia vita sono rappresentati nei miei libri, rendono il tutto molto personale e condivisibile da un lettore.

Human punk è un viaggio volto alla ricerca di se stesso o dalla voglia di evasione dai problemi della terra natia? se riuscito in questo intento? quanto c'è di autobiografico?

"Human Punk" rispetto ad altri miei libri è molto più autobiografico, anche se comunque romanzato. Joe Martin lascia l'Inghilterra per tirare il fiato, per riflettere e stare da solo e trovare una pace interiore. Il paese ha parecchi problemi e anche lui si sente in difficoltà, così decide di viaggiare, vedere il mondo. Molla tutto e parte per vedere nuovi posti, nuove culture e, magari, osservare la propria storia, la propria cultura abbandonando la sua vita di tutti i giorni. Per carità, può non essere la soluzione giusta, ma nel caso di Joe lo sarà, così come lo è stato per me quando mi sono trovato nel suo stesso stato d'animo. Per intenderci... sono andato a scuola a Slough, ho raccolto ciliege con gli zingari, frequentato i pub menzionati, girato il mondo da adulto e viaggiato sulla Transiberiana. Ecco, si... c'è tanto di me nel libro.

Volume 1 la trilogia del calcio volume 2 trilogia del calcio, 1998 Volume 3 trilogia del calcio 1999 Human Punk 2000 Smaltimento rifiuti (White Trash, 2002)

La maggior parte delle sottoculture sono in via di estinzione, solamente quella "casual" sembra resistere, anzi è in espansione nel resto del mondo, come ti spieghi questa inversione di tendenza?

Ai miei tempi c'era una bella differenza tra le scene dance/disco/soulboy e punks/skins/bootboys/herberts, per farti un esempio non potevi avere una Lacoste e allo stesso tempo una Fred Perry, era un'altra cosa, non ti apparteneva. Le Trainers erano per i primi, mentre Brogues e DocMarten's erano per gli altri. Secondo me, ad un tratto, la scena musicale ha prevalso su quella stradaiola soprattutto negli anni 90. La scena rave/acid prese il sopravvento, mi piace paragonare quei momenti a una sorta di versione Hippie della disco, con l'ecstasy a prendere il posto dell'LSD. Dopo un lungo periodo sta cominciando a riemergere una sorta di nuova ondata punk/ska/rockabilly in Inghilterra.. chissà che non rinasca qualcosa già visto in passato! Credo che certe cose vengano trasmesse come eredità da genitori a figli, gli adolescenti nati negli anni 90 possono essere stati ispirati dai loro genitori figli degli anni 60, alla stessa maniera i ragazzi di oggi potrebbero ispirarsi ai pezzi punk/skin/rock tanto cari ai loro genitori negli anni 70. Ho ritrovati tanti suoni che apprezzavo da giovane in canzoni uscite successivamente. Credo sia normale che sia così, è l'evoluzione delle cose. E presumo che lo stesso accada nelle terraces: mi piace osservare i giovani che crescono e frequentano gli stadi, mi sembrano molto simili a come noi eravamo alla loro stessa età, con le ovvie differenze dovute ai tempi diversi. Hanno le stesse speranze e gli stessi problemi che avevamo noi, solo che ora noi ci ritroviamo ad essere i loro padri! Quando andavo al football mi interessava molto della "terraces culture" tutto quello che aveva a che fare col rispetto, con l'onore, regole e codici all'interno del movimento. E tutt'oggi, vedo positivamente la gente del calcio, che segue il calcio. Certo, alcune cose possono non piacere e magari altre non dovrebbero succedere, ma messe nel contesto generale sono molto meno drammatiche di tante cose che succedono al giorno d'oggi.

Qual'è stato il tuo stadio britannico preferito e perchè? Stamford bridge escluso..

Griffin Park, casa del Brenford. Era la squadra di mio padre e mio nonno quindi da piccolo mi capitava spesso di andare là con loro, e ho continuato negli anni a frequentarlo volentieri. E’ un superstite di un calcio di altri tempi, lontano dal palcoscenico della Premiership: le tribune, i tifosi, i pub.. tutto diverso. Ti dirò di più, può sembrare a tratti più un pub vero e proprio che uno stadio.

Dai tuoi libri traspare tutta la tua cultura musicale, ci puoi fare la tua attuale playlist?

Ultimamente ho visto Wilko Johnson, dopo anni che non ne avevo l’opportunità: già quando suonava coi Dr Feelgood mi piaceva tantissimo (ora che gli è stato diagnosticato un cancro sta facendo un tour con una serie di concerti d’addio), e vederlo all’opera dopo anni è stato molto bello, ne è valsa la pena. Lui? Brillante come sempre! La stessa sera ho avuto modo di sentire la band del figlio di Wilko, gli Eight Round Rapids, e li sto ascoltando anche in questi giorni. In più, attualmente, ho nella mia playlist anche Control, Argy Bargy e l’ultimo dei PIL. Infine, essendo cresciuto negli anni 70, non perderò l’occasione di accaparrarmi l’ultimo album di David Bowie

Anche la parte del vestiario è sempre ben curata, a livello di estetica qual'è stata la sottocultura che ti ha affascinato di più? C'è qualche capo di abbigliamento a cui non rinunceresti mai?

Quando ero un ragazzino la gente non aveva troppi soldi da spendere in vestiario, quindi DocMarten’s, bomber, tshirt o giacche Levi’s erano le cose che indossavamo, abbastanza economiche e facili da trovare; lo stesso arrivo del fenomeno Punk, movimento anti-fashion aiutava questo modo di vestirsi. Le mie radici somigliano a quelle di un boot-boy, un herbert per capirci. Fuori Londra era diverso, c’era più attenzione, per me e per i miei amici era solo un particolare: erano gli anni 70, il fenomeno hooligan era ai suoi massimi livelli, anni di kaos totale, fantastico! Detto questo adoro le camicie Ben Sherman button-down ne ho avute tantissime; ricordo che amavo una shirt Brutus Gold. Ora è diverso, i ragazzi hanno molti più soldi da spendere (e questo è un bene), ho aspettato di cominciare a lavorare per potermi comprare una Fred Perry. Come calzature direi Brogues e DocMarten’s, poi aggiungo dei classici come Crombies o Harrington; ho ancora la mia giacca MA1 verde, ricordo degli anni 80: nonostante non la indossi da quei tempi né l’abbia più lavato si è ristretta tantissima, non mi entrerebbe mai oggi!

La prigione (The Prison House, 2004) Skinheads (id., 2008) MA1Brutus

Passiamo alla tua grande passione, dal punto di vista calcistico hai vissuto gli anni bui del Chelsea, il nuovo corso ha portato un russo alla presidenza e una coppa dei campioni, come vedi il futuro del tuo club? rimpianti?

Preferisco di gran lunga gli anni quando non si vinceva nulla, ho molti amici che sperano nella retrocessione; vincere la FA Cup o la Coppa delle Coppe negli anni 90 fu fantastico, venivamo da anni di zero assoluto. Ma ciò significò l’arrivo dei tifosi figli della vittoria e da lì in poi tanto è cambiato; il football per quanto mi riguarda ha sempre significato, amici, trasferte, bersi una birra in allegria, divertirsi. Le vittorie erano l’ultima cosa che cercavi. Per carità, abbiamo vissuto anni terribili nei bassifondi delle classifiche, ma c’eravamo sempre, la lealtà ai nostri colori e la presenza allo stadio erano dei valori fondamentali. Solo il ManU aveva un seguito più grande del Chelsea.

La football suppoters assosiation sta portando avanti la battaglia pro posti in piedi e contro il caro biglietti, pensi sia una battaglia fattibile? torneremo prima o poi a respirare in parte l'atmosfera delle vecchie terraces?

Spero che ce la facciano, ma credo sia difficile perché i cambiamenti sono decisi dagli stessi che guidano il carrozzone. Parlando della tragedia di Hillsborough dicevano che le terraces erano pericolose, ma lì la gente è morta schiacciata a causa delle grate che delimitavano il campo; in certi casi, crolli o fiamme, stare in piedi può darti una maggiore mobilità e quindi sicurezza, come nel caso dell’incendio di Bradford. Questi “manager” vogliono fare del calcio un prodotto sulla falsariga degli sport americani, hanno tentato di affrontare gli hooligans obbligandoli a sedersi, e che è successo? Che i Chelsea non hanno fatto altro che cambiare settore. Si è persa l’atmosfera, il calcio è stato derubato della sua funzione sociale il tutto alla ricerca spasmodica di soldi, sono riusciti pian piano a cambiare la tipologia di gente che va allo stadio, i prezzi sono troppo alti adesso per pensare di riavere negli impianti “gente da terraces”. Cavalcano argomenti come “uguaglianza” o “razzismo” per spiegare le loro mosse, ma sono convinto che negli anni 70/80 venisse allo stadio molta più gente di colore rispetto ad ora. Chi è sempre andato allo stadio porta dentro di sé altre verità rispetto a quelle che ci vengono imposte dall’alto.

Ho apprezzato molto il tuo ultimo lavoro, tant'è che mi era quasi tornata voglia di ricomprarmi le dc martens, siamo curiosi di sapere qual è il tuo prossimo lavoro, ci puoi dare una piccola anticipazione?

Erano anni che non possedevo un paio di Doc Martens e l’occasione buona mi è capitata quando è stata messa in commercio una versione “vegana”, non ho perso tempo e ne ho acciuffato un paio rossi. Sono vegetariano/vegano da circa trenta anni e attualmente sto lavorando al mio libro “Slaughterhouse prayer” che parla di un uomo che, stanco della carne e dell’industria a essa legata, decide di abbandonare proteste e manifestazioni pacifiche. Oltre a quello sto lavorando ad un insieme di storie/racconti basati sul mio “The Prison House” e anche ad alcuni progetti quali “Football Factory 2” e l’adattamento cinematografico di “Headhunters” e “England away”. Non so se tutto ciò andrà in porto… incrociamo le dita!!!! …

E noi le incrociamo per davvero, avanti John !!

non tradotto in italiano  Birmingham Zulus BirminghamCity BCFC

  • Fedeli alla tribù (The Football Factory, 1996)
  • Cacciatori di teste (Headhunters, 1998)
  • Fuori casa (England Away, 1999)
  • Human Punk (id., 2000)
  • Smaltimento rifiuti (White Trash, 2002)
  • La prigione (The Prison House, 2004)
  • Skinheads (id., 2008)
  • Slaughterhouse Prayer  (2018)

Menu

QR code

Settings

Share

Create a free account to save loved items.

Sign in