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THE BALLAD OF DARREN

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THE BALLAD OF DARREN

Basta giusto il primo verso per rendersi immediatamente conto, nel caso qualcuno avesse dubbi, che anche i Blur sono cambiati. «I just looked into my life / and all I saw / is that you’re not coming back», canta struggente il nostro Damon mentre raccoglie i cocci di una relazione – quella con l’ex compagna Suzi – naufragata dopo ben venticinque anni. Non da solo, o perlomeno non del tutto, visto che al suo fianco ritrova gli amati (spesso odiati) compagni di viaggio.

Ovvio, se parliamo di cambiamento, è obbligatorio discuterne solo nel significato che può cucirsi addosso al quartetto britannico, che più o meno da sempre con un genuino senso di avventura ha saputo mutare pelle e sentimento mantenendo di volta in volta un’inguaribile anima mai meno che pop(ular), con un suono iridescente e caleidoscopico ma pur sempre personale e straordinariamente peculiare.

Senza stare a ripercorrere le gesta di un gruppo ormai divenuto leggendario, e la doppia data di quest’estate a Wembley è nient’altro che la celebrazione assoluta di una storia ormai consegnata all’eternità nei-secoli-dei-secoli (con tanto di tracktop Fila a ricordare i giorni di gloria), i Blur giungono a questo nono album a ben otto anni di distanza dal precedente con l’invidiabile capacità di calarsi nel proprio presente, col merito di non dover rincorrere affannati il mito che li precede, ma anzi potendo lustrarsi a ragion più che veduta dell’innata attitudine di essere tuttora musicalmente validi, pregiati, maturi, se vogliamo persino necessari.

Concerto wembley

 Wembley 9 Luglio 2023

E nonostante un primo ascolto che può facilmente trarre in inganno, non è vero che questo sarebbe potuto tranquillamente essere un nuovo disco solista del biondo di Leytonstone, che per l’appunto dopo aver messo in piedi qualche demo mentre era in giro coi Gorillaz, sotto consiglio del fido bodyguard Darren (ecco il perché del titolo) ha immediatamente chiamato alle armi il fido Graham Coxon, e in un secondo momento Alex e Dave, per dare senso e forma compiuta a idee e spartiti, trafugando qualsiasi dubbio circa la paternità artistica di un’opera come sempre corale e appassionata.

The Magic Whip ci era piaciuto, per carità, ma oggi è tutta un’altra faccenda. Questi sono Blur dal respiro profondissimo, come forse mai li abbiamo ascoltati, da tempo apposto con se stessi nel proseguire con naturalezza vite che sempre meno si muovono all’unisono, ma capaci come nulla fosse a più di trent’anni dagli esordi di ritrovarsi per qualche settimana in studio e mettere a segno uno dei colpi radio-oriented più efficaci della discografia da un ventennio circa (Barbaric), lavorando di fino, come solo i grandi sanno fare, sul crinale di una classicità pop (The Narcissist) che sa farsi intima, crepuscolare, abissale, strizzando anche l’occhio al Bowie di Scary Monsters (andate a sentirvi la chitarra frippiana su St. Charles Square) e richiamando il miglior McCartney per una certa abilità nel tenere fuori dai giochi i numeri migliori (la b-side Stick And Stones). Quella che abbiamo tra le mani è preziosa materia di passione e dolore modellata con l’estro dei fuoriclasse, che a modo suo e coi dovuti paragoni, ci permettiamo di dire, è appena un gradino, magari due, sotto i classici.

The Ballad Of Darren non suona come niente prodotto in passato dalla band, e non è solo una questione di breakup song in cui pure Damon è maestro da sempre, ma di metafore e simbologie bellissima tra l’altro la copertina tra quiete e tempesta firmata Martin Parr pennellate in chiaroscuro (decisiva in tal senso la scelta di James Ford in cabina di regia), di strazianti mancanze e tormentate solitudini, facendo i conti con risposte ed enigmi dei propri cinquant’anni, con un’esistenza che un passo alla volta va avanti nonostante tutto, e stai bene a darle sportellate. Lunga vita ai Blur.

Di Daniele Rigoli

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per questioni di copyright per questo e per i prossimi articoli inseriremo solo foto amatoriali.

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